L’arte del chiedere

Amanda Palmer - L'arte del chiedere

L’argomento è spinoso e meriterebbe discussioni più approfondite e serie, soprattutto fra persone che (al contrario del sottoscritto o dei battibecchi che si sono già verificati negli anni) hanno un minimo di cultura in materia economica – o magari si intendono specificatamente di sostenibilità nell’ambito del crowd funding. Ciò nonostante, il talk di Amanda Palmer (artista e compositrice, quella dei Dresden Dolls) in occasione del TED 2013 in California, è a suo modo ispiratore: descrive poeticamente (ingenuamente?) il concetto “game-changing” di finanziamento collaborativo, mutuato dall’esperienza dell’artista di strada.

How do we make people pay for music?

La domanda – ed è proprio il caso di usare questo modo di dire – è: come facciamo a far pagare la gente per la musica? Amanda, forte della sua filosofia del dare e ricevere, è stanca di questa domanda sbagliata e dell’ossessione dietro di essa. Si è accorta che non c’è bisogno di rincorrere le persone e fare di tutto per far sì che comprino le tue opere, del resto non piace né a te né a loro. Amanda ha deciso di donare la sua musica e la sua arte gratuitamente, per quanto le sarà possibile. Tutto ciò che fa, per il suo sostentamento, è comunicare alla pari con la gente, connettersi, fidarsi delle persone, mostrarsi veramente per quello che è, e chiedere. Semplicemente chiedere. Sa che se entrerà nelle persone, queste la aiuteranno spontaneamente; cerca lo scambio reciproco.

I didn’t make them, I asked them.

Ma chiedere non è facile. Chiedere ci rende vulnerabili.

Vogliamo continuare ad ascoltare solo i nostri dubbi e le nostre paure, o vogliamo cominciare a offrire un po’ di più noi stessi e a lasciare che gli altri, chi ci capisce e apprezza, ricambi la nostra passione?

KOMBOH breaker

KOMBOH - Koi mouse

Si presentano come un incubo burocratico, ma credono fermamente che la creatività abbia una (doppia) faccia: Michael W. Mateyko e Hans B. Thiessen sono KOMBOH, un duo di illustratori canadesi pimpanti e capaci.

Marcati, coerentissimi, formali, esplosivi, puliti, energici, saturi, rigorosi e ironici. Tutto insieme, da restarne incuriositi e serenamente attratti; vale sicuramente una sfogliata il loro blog.
Tra i miei preferiti: National Hero Registration FormPacesetterDark Skies e Redshirt.

Creativity is a person, not a focus group.

Definite da un numero

Special-K Lady

Delle campagne Kellogg’s Special K mi è sempre piaciuto il risalto dato all’importanza di una sana ed equilibrata alimentazione (indispensabile e complementare al consumo dei prodotti reclamizzati), insieme alla semplicità e alla coerenza stilistica. Meno carino, invece, l’eccessivo riferimento ad una specifica linea di forme femminili e al continuo incitamento al guardarsi allo specchio per vedersi più snelle, più magre – a prescindere.

Con il 2013, il brand vira leggermente sbilanciandosi verso un approccio finalmente più “profondo”: si punta alla sensazione di benessere più che alla brutale quantificazione del peso perso o la dettagliata analisi quotidiana davanti allo specchio. Sensazione che deriva in parte anche dal sentirsi un po’ più leggere e vedersi un pochino più in forma, ci mancherebbe, ma che fa perno soprattutto sul concetto di motivazione, di stimolo. Non dev’essere un numero (il peso sulla bilancia, magari un po’ troppo alto) a stimolarmi e convincermi a dimagrire, ma una parola che rappresenta il come ci vorremmo sentire. Se mi sento bene, mi sentirò bella.

Restando in tema, la mia sensazione riguardo questa evoluzione comunicativa è molto positiva. Ancora migliorabile, certamente, soprattutto per staccarsi definitivamente dall’ossessione dello specchio abusata in passato, ma sicuramente positiva. Mi sembra che la linea presa sia quella giusta.

But is a number inspiring?