L’argomento è spinoso e meriterebbe discussioni più approfondite e serie, soprattutto fra persone che (al contrario del sottoscritto o dei battibecchi che si sono già verificati negli anni) hanno un minimo di cultura in materia economica – o magari si intendono specificatamente di sostenibilità nell’ambito del crowd funding. Ciò nonostante, il talk di Amanda Palmer (artista e compositrice, quella dei Dresden Dolls) in occasione del TED 2013 in California, è a suo modo ispiratore: descrive poeticamente (ingenuamente?) il concetto “game-changing” di finanziamento collaborativo, mutuato dall’esperienza dell’artista di strada.
How do we make people pay for music?
La domanda – ed è proprio il caso di usare questo modo di dire – è: come facciamo a far pagare la gente per la musica? Amanda, forte della sua filosofia del dare e ricevere, è stanca di questa domanda sbagliata e dell’ossessione dietro di essa. Si è accorta che non c’è bisogno di rincorrere le persone e fare di tutto per far sì che comprino le tue opere, del resto non piace né a te né a loro. Amanda ha deciso di donare la sua musica e la sua arte gratuitamente, per quanto le sarà possibile. Tutto ciò che fa, per il suo sostentamento, è comunicare alla pari con la gente, connettersi, fidarsi delle persone, mostrarsi veramente per quello che è, e chiedere. Semplicemente chiedere. Sa che se entrerà nelle persone, queste la aiuteranno spontaneamente; cerca lo scambio reciproco.
I didn’t make them, I asked them.
Ma chiedere non è facile. Chiedere ci rende vulnerabili.
Vogliamo continuare ad ascoltare solo i nostri dubbi e le nostre paure, o vogliamo cominciare a offrire un po’ di più noi stessi e a lasciare che gli altri, chi ci capisce e apprezza, ricambi la nostra passione?